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La gabbia senza sbarre. Tony Soper. Rizzoli, 1978.

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Descrizione

Rizzoli (L’ornitorinco); 1978; Noisbn ; Rilegato con sovracoperta; 22 x 14,5 cm; pp. 179; Prima edizione. Volume riccamente illustrato in b./n. ; leggeri segni d’uso alla copertina, interno ottimo; Buono (come da foto). ; Felice non capisce come si possan tenere prigionieri in una gabbia degli uccelli. “Come è un delitto” egli dice “cogliere un fiore (ed io, quanto a me, non voglio odorarli che sulla pianta), così gli uccelli son fatti per volare”. Tuttavia compra una gabbia e l’appende alla sua finestra. Vi pone un nido di bambagia, un piattino di semi, una tazza d’acqua pura da rinnovare. Vi sospende un’altalena e un piccolo specchio. E a chi lo interroga sorpreso: “Mi compiaccio della mia generosità” egli risponde “ogni volta che lo guardo questa gabbia. Potrei metterci un uccello e la lascio vuola. Se volessi, un tordo bruno, un ciuffolotto elegantone che saltella, o un altro qualunque dei nostri svariati uccellini sarebbe schiavo. Ma, per merito mio, almeno uno ne resta libero. È sempre qualcosa”. Questo aneddoto lo racconta J. Renard nelle sue Storie naturali, ripubblicato di recente in questa collana. Il fatto è che perfino il protagonista della storia di Renard, che si rifiuta di tenere gli uccelli prigionieri, sente il bisogno di appendere una gabbia alla propria finestra. Davvero per compiacersi di se stesso? Certamente: della propria castigatezza. Ma anche perché Felice sostituisce quel tanto di sadico che c’è in chi tiene prigionieri gli uccelli con una uguale misura di masochismo: tanto è vero che ostenta il simbolo del proprio sacrificio: la gabbia vuota. Quello che innanzitutto è vero è che, da quando mondo è mondo, questo desiderio intenso e prepotente di avere vicini degli animali, di poterli guardare da presso e toccare, è sempre presente in chi ama appassionatamente la natura; e specialmente gli uccelli: lo sappiamo bene dalle favole quanto gli imperatori abbiano desiderato gli usignoli, o le principesse l’Augellin Belverde. Ma altrettanto vero è che, chi lo vive questo desiderio, appena abbia un minimo di sensibilità, si rende conto di quanto sia goffo e contraddittorio, realizzato così: come il desiderio di volare si trasformi nella coercizione a non volare per gli uccelli che si chiudono in gabbia, e il gioioso impulso a partecipare alla pienezza e libertà di una vita selvaggia si traduca nella violenza del carceriere. Ma esiste un modo assai meno frustrante di averli vicini, a portata d’occhio e d’orecchio, gli uccelli dei boschi e dei campi: è, per chi abbia un giardino, o anche un semplice terrazzo o balcone, e perfino un davanzale di finestra, di attirarveli: di farne dei frequentatori spontanei ed abituali liberi di andare e venire – della nostra casa. Il libro di Tony Soper spiega in modo preciso, chiaro, diffuso, nulla tralasciando (ma non per questo senza piacevolezza) come debbano essere gli alberi e i cespugli che possono offrire ricetto ai nostri ospiti, come debbano essere fatti i nidi artificiali per attirarli, come li si possano proteggere dai gatti e dagli altri nemici, e quali siano e come debbano essere i cibi che possiamo loro offrire, le dimensioni e la struttura dei loro abbeveratoi e delle loro vasche per il bagno: nulla è trascurato, tutto è minuziosamente descritto perché nel vostro giardino o sul vostro balcone possiate realizzare il sogno impossibile della gabbia senza sbarre. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.