Se questo è un uomo. La tregua. Levi Primo. Einaudi, 1977.

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Descrizione

Einaudi ; 1977; Noisbn ; Copertina flessibile ; 22 x 13,5 cm; pp. 330; Terza edizione (9 febbraio 1977). ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni, piccole imperfezioni, bruniture alla copertina), interno senza scritte; Buono, (come da foto). ; Questo volume raccoglie i due libri in cui Primo Levi racconta la sua discesa nell’inferno del lager nazista, e la lenta, faticosa risalita alla normalità del «dopo». Due libri che si completano l’un l’altro, e che è giusto leggere insieme come un’unica testimonianza che per rigore morale, potenza evocativa e resa letteraria ha già il sapore di un «classico» contemporaneo. Levi scrisse «Se questo è un uomo» nel 1947, per l’esigenza di rendere gli altri partecipi della terribile esperienza che aveva vissuto. In « Se questo è un uomo » egli analizza lucidamente i meccanismi dello sterminio di massa, registra le tappe dell’annientamento morale e fisico, spia sul volto delle vittime e dei carnefici i segni dell’abiezione, cerca con ansia l’ultimo barlume della dignità umana. Da queste pagine stupende, senz’ombra di retorica, non si alza mai l’invettiva o il lamento. Levi lascia alla tremenda realtà di raccontare se stessa. Il coro degli indimenticabili personaggi ci consegna un messaggio civile ancora tutto da meditare. «La tregua» (1963) è invece la storia movimentata e picaresca di una non piú sperata libertà, il libro dell’avventura e del ritorno. Per ragioni mai chiarite appieno, o forse in virtú di pura negligenza o disordine burocratico, il rimpatrio di Levi si snodò attraverso un viaggio tortuoso e assurdo, dalla Polonia alla Russia, dall’Ucraina alla Romania e all’Ungheria. Questa odissea si dipana sullo sfondo inedito dell’Europa in tregua, uscita dall’incubo del nazismo, e non ancora paralizzata dalla guerra fredda: i mercati clandestini di Cracovia e di Katowice, le tradotte bibliche e zingaresche dell’Armata Rossa in smobilitazione; paludi e foreste intatte; le baldorie corali dei russi ubriachi di vittoria; i sogni degli italiani sulla incerta via del ritorno. Alla maniera dei moralisti, Primo Levi schizza ritratti concisi e sapidi: il Greco, ligio al suo straordinario codice anarchico e mercantile; Cesare, che persegue con grande senso pratico i suoi propositi folli; il Moro di Venezia, gran vecchio blasfemo; Hurbinek, il bambino nato ad Auschwitz, «che non aveva mai visto un albero». Accanto ai segni, palesi o segreti, della «pestilenza che aveva prostrato l’Europa », il lettore scoprirà una Russia vista di prima mano e dal di dentro, volta a volta ridente o tragica, o epica o oblomoviana, vicina alle rappresentazioni di Puskin, di Gogol’ e di Tolstoj. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.