Ne’ vivi ne’ morti. Gambetti Fidia. Mursia, 1972.

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Descrizione

Mursia (Testimonianze fra cronaca e storia 53); 1972; Noisbn ; Rilegato con titoli al piatto e dorso, sovracoperta; 22 x 15 cm; pp. 239; ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni), interno senza scritte, volume lievemente brunito; Buono, (come da foto). ;La guerra era terminata da poco più di tre anni quando fu pubblicata la prima edizione di questo libro di Fidia Gambetti sulla tragedia dell’Armir, testimonianza di un giornalista, di un poeta, di uno scrittore già noto negli anni trenta, sulla sua personale dolorosa esperienza nella guerra al fronte russo e sulla prigionia nei lager sovietici della Siberia e della Mordovia. Era uno dei primi libri sul bruciante argomento e nelle sue pagine la violenza e il calore della denuncia e della polemica non offuscavano mai l’obietti vità del giudizio e il vigore della narrazione. Esaurita rapidamente la prima edizione ne fu stampata una seconda alla fine del 1952, anche questa ben presto introvabile. Poiché questa riedizione può considerarsi la continuazione cronologica e ideale de Gli anni che scottano, pubblicato nel 1967 in questa stessa collana, l’autore ha ritenuto opportuno aggiungere all’inizio di queste pagine, come un raccordo di diario fra i due libri, per il periodo di tempo dal giugno al novembre del 1942, alcuni brani delle corrispondenze dal fronte inviate al settimanale astigiano che continuava nominalmente a dirigere e pubblicate col titolo «Cartoline in franchigia». L’ultima delle quali, uscí nel numero tra Natale e Capo d’anno quando Gambetti, unitamente a migliaia di altri soldati dell’Armir era già “disperso sul fronte del Don”. Diciotto anni fa Cesare Zavattini scrisse nel suo Diario: « Leggevo il libro di Fidia Gambetti sulla campagna di Russia e pensavo che un film dove si vedessero quelle cose dovrebbero farlo, con le cataste di cadaveri secchi per il gelo che risuonavano nel buttarli l’uno sull’altro come fossero di legno. Ma vi sono tante scene nel libro di Gambetti di una grande potenza plastica, e ho sempre in mente quei poveri piedi dei prigionieri italiani accarezzati come bambini dai loro proprietari per difenderli dal congelamento, la difesa del proprio corpo sacrosanto. A l’ouest rien de nouveau diventa persino un po’ retorico al confronto. Trent’anni dopo il disastro, la dura condanna della guerra e dei suoi orrori, la denuncia contro il fascismo e l’insipienza criminosa dei suoi capi, conserva tutta la sua tremenda e attuale validità. In sopraccoperta un cimitero di guerra in cui le autorità sovietiche hanno avuto cura di far seppellire i caduti italiani e un’immagine della ritirata di Russia. ; Spedizione veloce con BRT. L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.