Le cene. Antonfrancesco Grazzini detto il lasca. Bur, 1989.

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Descrizione

Bur (I classici della Bur L715.); 1989; 9788817167154 ; Copertina flessibile; 18 x 11 cm; pp. 480; A cura di Ettore Mazzali. Introduzione di Giorgio Barberi Squarotti. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni), interno senza scritte, volume brunito; Buono, (come da foto). ; La neve, la pioggia, l’inverno; l’interno accogliente di un bel palazzo fiorentino, in cui il giorno di festa si consuma in lieta brigata fra musiche e canti, interrotti solo da una battaglia scherzosa a palle di neve nel cortile. Questi lo sfondo e l’occasione da cui prendono avvio e a cui si riportano, come a elementi di una essenziale cornice, le novelle delle «Cene» di Anton Francesco Grazzini, detto il Lasca, letterato fiorentino vissuto fra il 1503 e il 1584. Erede del Boccaccio, cui esplicitamente si richiama, Grazzini ne riprende non solo l’invenzione strutturale dei giovani novellatori, ma anche le situazioni narrative e le figure. Ritroviamo il pedante punito o beffato, il prete ignorante e disonesto che paga il fio delle sue male azioni, gli equivoci di spiriti e magie, le burle dei furbi contro gli sciocchi. Un repertorio collaudato, che qui si avviva dei colori di una precisa società municipale, ritratta nel suo dinamico operare fra le case e le piazze della Firenze granducale, ove l’alacrità della vita sembra comporsi sotto l’ombra incipiente della Controriforma entro i confini di un pragmatico conformismo, sempre più spoglio di slanci e determinazioni individuali. Grazzini narra con un’attenzione tutta concentrata sui fatti, sui gesti, sulle parole. Nessun indugio psicologico o interpretativo lo distrae dalla registrazione rapida e puntuale degli eventi, rilevati nella loro compatta e lineare concatenazione. La storia di Mingo, celebre medico che scopre il farmaco per tutti i mali delle donne, o quello della pazza Biliorsa, che di notte impicca le zucche; i ritratti dello sciocco Falananna o dello Scheggia si evidenziano soprattutto per la concretezza mimetica della rappresentazione, che la prosa sottolinea con le forme della vivacità idiomatica toscana, tanto amata dai puristi. Un testo ancora oggi tutto godibile, sui cui valori letterari e storici getta luce penetrante l’acuta prefazione di G. Barberi Squarotti. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.