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L’assassinio di Winckelmann. Gli atti originali del processo criminale 1768. Pagnini Cesare, Bartolini Elio. Longanesi, 1971.

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Descrizione

Longanesi (Collezione Olimpia 25.); 1971; Noisbn ; Copertina flessibile con risvolti ; 19,5 x12,5 cm; pp. 306; A cura di Cesare Pagnini e Elio Bartolini. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni), interno senza scritte; Buono, (come da foto). ; Accadono nella vita degli uomini incontri ancora più incongrui di quello surrealista tra una macchina da cucire e un ombrello su un tavolo per autopsie, e la fine di Winckelmann segna proprio uno di questi incontri fuori d’ogni coerenza. Perché il Goethe ebbe un bel chiamare felice il Winckelmann dal momento che “un più breve orrore, un più repentino dolore lo rapirono di tra i vivi, sicché gli vennero risparmiate le infermità della vecchiaia, la decadenza delle forze dello spirito, ed egli morì al colmo dell’energia vitale e della fortuna”; ebbe un bel dire Walter Pater, sulle orme di Goethe, che parve come se gli dei in ricompensa della sua devozione gli avessero dato una morte quale, per la sua rapidità e la sua opportunità, egli avrebbe potuto ben desiderare. Più che su queste variazioni sul vecchio adagio che muore giovane chi è caro agli dei, la nostra mente s’indugia sulle circostanze di quella morte, e non può non concordare con quanto scrisse il de Rossetti: Ha voluto la sorte che il sublime investigatore dell’arti e dell’antichità si trovasse nella medesima locanda con un miserabile cuoco, che abitassero due camere contigue per vincere colla materiale loro prossimità l’immensa distanza del rispettivo carattere morale, e per istabilir, almeno apparentemente, una relazione amichevole tra due uomini così diversi et eterogeni. Si dirà che una morte in circostanze violente anche di persone il cui carattere biografico sembra orientato in tutt’altra direzione è cosa per niente rara, ma c’è un elemento che distingue la morte di Winckelmann e la fa sembrare di poco meno strana della fine di Eschilo, colpito sul cranio calvo da una tartaruga fatta cadere da un’aquila che aveva scambiato quell’illustre zucca per una grossa pietra su cui rompere il carapace della preda, ed è che questa morte non è il risultato d’un accidente, ma di un vero e proprio incontro, e che in esso ci fosse qualcosa di quasi predeterminato ci sembra di leggerlo in quella lettera W sormontata da una stella che ornava il fodero del coltello dell’assassino. Soltanto una marca di fabbrica? Da quale fucina del Fato era uscito codesto coltello? Perché Winckelmann fu attirato dalla persona di quel cuoco pistoiese, già imprigionato per furto, dalla fronte bassa come quella d’Antinoo, forse neanche di bell’aspetto, con faccia brunetta alquanto vaiolata, occhi scuri (altri li dice bianchicci), nere ciglia, naso curvo. Che argomenti di conversazione poteva avere in comune un dotto familiare coi più sublimi pensieri dei classici, con un cuoco, sia pure toscano, e con qualche reminiscenza poetica (in un punto della sua confessione scritta cita i versi di Petrarca, Ira è brieva furore e chi nol frena…, quasi a coonestare ….. ; Spedizione veloce con BRT. L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.