La vita di Matvei Kogemiakin (Vol VIII 1907-1909). Maksim Gorki. Editore Riuniti, 1957.

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Descrizione

Editori Riuniti (Opere di Gorki VIII); 1957; Noisbn ; Copertina flessibile ; 21 x 13,5 cm; pp. 616; A cura di Ignazio Ambrogio e Agostino Villa. Traduzione di Agostino Villa. Seconda edizione nella collana.; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (con piccole imperfezioni), interno senza scritte, bordi lievemente bruniti; Buono, (come da foto). ; Quest’opera di Gorki fu pubblicata, per la prima volta, tra il 1910 e il 1911 nella Sbornik tovaristcestva « Znanie » e, nello stesso tempo, da I. P. Ladyznikov a Berlino con il titolo: Matvei Kogemiakin. Racconto. La prima parte recava il sottotitolo La cittadina di Okurov. Cronaca ed era corredata di un’avvertenza editoriale, che la presentava come la continuazione della Cittadina di Okurov (si veda il volume VII della presente edizione italiana). La seconda parte apparve con il semplice sottotitolo: La pigionante; le parti terza e quarta non ebbero alcun titolo. Lo stesso Gorki, approntando il testo per le edizioni « Kniga », intitolò il romanzo La vita di Matvei Kogemiakin e soppresse i sottotitoli, ma conservò la stessa suddivisione in parti. Lo scrittore lavorò intorno a quest’opera tra la fine del 1909 e il novembre del 1911, a Capri, ove si era trasferito dal 1906 per curarsi della grave forma di tubercolosi da cui era affetto. Nella primavera del 1910 Gorki portò a termine la prima parte, nell’autunno la seconda. Il 21 novembre 1910 cosí scriveva a M. Kotsiubinski: «Sto scrivendo il Kogemiakin con grande circospezione. È un tema austero, che si viene facendo sempre più austero, ed esige un atteggiamento più meditato e cauto. È come camminare su una fune ». Più tardi, in una lettera del 6 maggio 1911 allo stesso corrispondente, notava: «Ho una gran paura per la terza parte del Kogemiakin. Non ho ancora trovato il linguaggio adatto ». L’autore ritomò più volte, nel suo Carteggio, sul Kogemiakin e su alcune figure, in particolare su Markuscia, che egli considerò un personaggio simbolico, e su « zio Marko ». Alla sua richiesta di un giudizio Gheorghi Plekhanov cosí rispondeva, in una lettera del 21 dicembre 1911: «Volete conoscere la mia opinione sul vostro lavoro? Eccovela. Pusckin, dopo aver letto il manoscritto delle Anime morte, che Gogol gli aveva rimesso nella prima stesura, esclamò: “Dio, com’è triste la Russia!”. Lo stesso dovrà pensare ogni lettore serio, dopo aver meditato sul Kogemiaikni. Ma di quest’impressione di mestizia, ovviamente, non è responsabi l’autore, anzi è questo un suo grande merito: non c’è forse aspetto piú triste di quello che lo scrittore s’è accinto a ritrarre. Maksim Gor’kij (pseudonimo di Aleksej Maksimovic Peškov), nasce a Nižnij Novgorod nel 1868 e muore a Gorkij, presso Mosca nel 1936. Le sue opere hanno avuto al centro la lotta contro la miseria, l’ignoranza e la tirannia. È considerato il padre del realismo socialista. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.