La certosa di Parma. Stendhal. Einaudi, 1949.

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Descrizione

Einaudi ( Narratori stranieri tradotti XXV); 1949; Noisbn ; brossura ; 22 x 16 cm; pp. 415; Traduzione di Camillo Sbarbaro. Seconda edizione. ; Presenta segni del tempo, particolarmente ai bordi con piccole imperfezioni, firma e data al frontespizio, carta brunita.; Accettabile (come da foto). ; AVVERTENZA. Questo racconto è stato scritto nell’inverno del 1830 a trecento leghe da Parigi. Molti anni prima, al tempo che le nostre armate scorrazzavano l’Europa, il caso m’aveva dato un biglietto d’alloggio per la casa di un canonico, a Padova; beata città dove, come a Venezia, il gran daffare è divertirsi per cui non resta il tempo di prendersela col vicino. Prolungandosi quel soggiorno, il canonico ed io eravamo divenuti amici. Ripassando da Padova verso la fine del 1830, corsi alla casa del bravo canonico: egli non era piú dei vivi, lo sapevo, ma io volevo rivedere il salotto dove avevamo passato insieme tante belle serate, delle quali m’era poi sempre rimasto il rimpianto. Trovai il nipote del canonico e sua moglie i quali mi accolsero come un vecchio amico. Degli altri sopraggiunsero; il nipote fece recare dal caffè Pedrocchi un ottimo zabaglione e ci si separò molto tardi. Quel che ci fece protrarre cosí a lungo la veglia fu soprattutto la storia della duchessa Sanseverina, della quale qualcuno dei presenti aveva fatto il nome: storia che in mio onore il nipote volle narrare da cima a fondo. Nel paese dove mi reco dissi ai amici sarà difficile ch’io trovi una casa come questa; per passare le lunghe ore della sera farò quindi una novella della vita della vostra simpatica duchessa Sanseverina. Imiterò il vostro antico novelliere il Bandello, vescovo di Agen, che si sarebbe fatto scrupolo di trascurare un solo particolare vero o d’aggiungerne dei nuovi. – Allora, disse il nipote, le presterò le memorie di mio zio che sotto l’articolo « Parma », menziona alcuni degli intrighi di quella corte, del tempo che la duchessa vi faceva la pioggia e il bel tempo; ma badil è una storia tutt’altro che morale e adesso che in Francia vi piccate di purezza evangelica potrebbe procacciarle la fama di assassino. Pubblico oggi questo racconto senza mutar nulla alla stesura del 1830; cosa che può avere due inconvenienti: Il primo per il lettore: essendo i personaggi italiani, lo interesseranno forse meno; colà la gente è molto diversa da qui: gli italiani sono sinceri, buona gente, e, se non sono intimiditi, dicono quello che pensano; raramente hanno della vanità: quando l’hanno, essa acquista l’importanza d’una passione e prende il nome di puntiglio. Inoltre, presso di loro la povertà non è ridicola. Il secondo inconveniente riguarda l’autore. Confesso che ho osato lasciare ai personaggi i difetti del loro carattere; ma ciò non vuol dire, e lo dichiaro altamente, ch’io risparmi a molte delle loro azioni il piú severo biasimo morale. Perché avrei attribuito loro l’alta moralità e le doti di carattere che hanno i francesi i quali amano sopra ogni altra cosa il danaro e commettono ben poche colpe per odio o per amore? Assai diversi sono gli italiani di questo racconto. Del resto mi pare che, come si ha il diritto di descrivere un nuovo paesaggio, tutte le volte che ci si spinge di duecento leghe da mezzodí a settentrione, cosí lo si abbia di scrivere un romanzo nuovo. La gentile nipote del canonico aveva conosciuto e molto amato la duchessa Sanseverina: essa mi prega di non mutar nulla alle sue avventure, per quanto, ripeto, esse siano meritevoli del maggior biasimo. 23 gennaio 1839. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.