Dialoghi sul commercio dei grani. Ferdinando Galiani. Boringhieri, 1958.

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Descrizione

Paolo Boringhieri (Enciclopedia di autori classici 9.); 1958; Noisbn ; Copertina flessibile con risvolti ; 20,5 x 13 cm; pp. 264; Traduzione di Clara Parlato Valenziano. Collana diretta da Giorgio Colli. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze, piccole imperfezioni), interno con nome e data a biro, poi pulito e senza scritte; Accettabile, (come da foto). ; Il Galiani cominciò a scrivere i Dialoghi sul commercio dei grani a Parigi, verso la fine del 1768, e li condusse a termine nel maggio del 1769. Richiamato a Napoli in quello stesso anno, lasciò a Diderot e alla Signora d’Epinay l’incarico di pubblicarli. Il Galiani riteneva incompleta questa sua opera e avrebbe voluto aggiungervi qual che altro dialogo. Sull’argomento scrisse infatti alcune lettere ad amici francesi. Tra queste alcune riguardano la proposta della signora d’Epinay di fare una seconda edizione, e contengono l’indicazione delle lettere che il Galiani avrebbe voluto aggiungervi. Un passo di una lettera del 2 gennaio 1773 ci sembra particolarmente interessante per individuare i motivi più profondi dell’avversione del Galiani verso la libertà illimitata del commercio dei grani. “Del resto, mia bella signora, egli scrive, ecco il mio piano di Apocalisse. Il re fa la sua parte, i parlamentari fanno la loro; tutti e due hanno ragione; la monarchia si fonda essenzialmente sulla ineguaglianza delle condizioni; l’ineguaglianza delle condizioni sul basso prezzo delle derrate; i bassi prezzi sui vincoli. La libertà completa porta al rincaro dei viveri e alla ricchezza dei contadini. Il contadino ricco non aspira piú alla vita militare, non sopporta più la taglia arbitraria, i sequestri delle merci di contrabbando, eccetera. Ha la forza di non lasciarsi piú calpestare, sia rivoltandosi, sia rivolgendosi alla giustizia, ed ha abbastanza denaro per vincere i processi. Egli fa trionfare la forma repubblicana, ed infine l’eguaglianza delle condizioni, la distruzione della quale ci è costata seimila anni. Ma quale delle due forme preferite? Mi si domanderà. Preferisco la monarchia perché mi sento più vicino al governo che all’aratro. Ho quindicimila lire di rendita, che perderei arricchendo dei contadini. Ciascuno faccia come me, e parli secondo i suoi interessi : in questo mondo non ci saranno più dispute. Le chiacchiere e la confusione provengono dal fatto che tutti si intromettono a sostenere la causa degli altri, e mai la propria. L’abate Morellet perora contro i preti, Helvétius contro i finanzieri, Baudeau contro i fannulloni, e tutti parlano a favore del bene del prossimo. Maledetto il prossimo! Il prossimo non esiste. Dite quel che vi conviene. Oppure tacete.” ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.