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Arcipelago Gulag 1918-1956. Saggio di inchiesta narrativa. Solzenicyn Aleksandr. Mondadori, 1974-1978.

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Descrizione

Mondadori (Saggi 58, 69, 111.); 1974, 1975, 1978; Noisbn ; brossura; 20 x 12,5 cm; pp. 607, 688, 641; Traduzione di Maria Olsufieva . Prima edizione. Ill. in b./n. ; Presenta segni d’uso ai bordi (senza mancanze, piccole lacerazioni, sbucciature ai bordi, dorsi con segni di lettura), interno senza scritte, timbro alla prima pagina del 1 vol., volumi lievemente bruniti, piccole macchiette ai tagli; Buono,(come da foto). ; Il primo volume di Arcipelago GULag (parti I-II) ricostruiva il fitto e complesso insieme di sistemi che conduceva ai campi di concentramento: i fermi e gli arresti, gli interrogatori e le torture, l’evoluzione delle procedure, le diverse forme della repressione giudiziaria ed extragiudiziaria. Il secondo volume (parti III-IV) riguarda l’interno delle « isole », si propone come una sociologia e una psicologia dell’universo concentrazionario sovietico, « è l’analisi dell’arcipelago nella sua essenza », come ha scritto lo storico Roy A. Medvedev. Quando hanno cominciato a funzionare i lager nell’URSS? Generalmente si ritiene non prima della conquista del potere assoluto da parte di Stalin, negli anni del « culto della personalità ». Con prove storiche inoppugnabili Solzenicyn dimostra che i lager nacquero nel 1918 e, nel tempo, si moltiplicarono con progressione geometrica fino a trasformare il resto del paese in una sorta di « cornice » dei campi di concentramento. La struttura e l’economia del lavoro forzato diventarono parti integranti, seppure separate, del modello di sviluppo della società sovietica dal 1918 al 1956. Questo aberrante fenomeno impose tempi e modi di produzione del tutto particolari, tecniche amministrative e organismi burocratici fondati sul più spietato autoritarismo, norme e obiettivi che trasformarono i Lager in « campi di sterminio attraverso il lavoro ». La classificazione dei prigionieri per categorie e i rapporti fra politici e comuni, i problemi della presenza delle donne e degli adolescenti nei campi, i sistemi di sorveglianza, l’arruolamento dei delatori, l’assegnazione delle punizioni e degli « incentivi », sono alcune delle numerosissime tessere che Solzenicyn usa per comporre un minuzioso mosaico da cui è possibile desumere tutti gli aspetti della vita quotidiana nei lager, la tragica condizione umana degli internati, il loro comportamento e le loro reazioni psicologiche. Con il secondo volume di Arcipelago GULag, che per materia si presenta con una sua autonoma originalità, si ha così una controstoria di fondamentali componenti della società sovietica in anni cruciali: un libro per capire il dramma e le contraddizioni del « primo paese socialista del mondo » le opere e i giorni degli abitanti del suo fermentante « sottosuolo ». Il terzo volume di Arcipelago GULag conclude un’opera tra le più singolari e significative della letteratura mondiale. Composita indagine « narrativa » sull’epoca di Stalin (estesa, nei capitoli conclusivi, ai suoi successori) essa è diventata un riferimento emblematico e significativo per ogni dibattito sulla storia del nostro secolo e sul socialismo, anche all’interno della sinistra. Questo volume considera l’arco conclusivo dell’epoca di Stalin e gli anni successivi fino a Chruscev: il ristabilimento della galera, poi soppiantata dai lager speciali per detenuti politici, la storia delle evasioni, scioperi ed eroiche rivolte che accelerarono lo sfaldamento del sistema dei lager staliniani nel dopoguerra — una storia di resistenza popolare, di violenza « rivoluzionaria » degli oppressi inedita e avvincente. Trattando poi del confino, il « paese » fra l’URSS e l’Arcipelago, Solzenicyn segue i grandi flussi migratori che lo percorrono: i contadini degli anni della collettivizzazione forzata, i popoli interi deportati durante la seconda guerra mondiale, i reduci dal lager, la popolazione di « indesiderabili » che anche oggi vi è costretta. Alla domanda se la morte di Stalin abbia significato la fine del GULag. Solzenicyn risponde: assolutamente no, è rimasto il metodo generalizzato per l’eliminazione dei dissidenti; in breve: « i dirigenti passano, l’Arcipelago resta ». L’ultimo pensiero dello scrittore nel congedare l’opera è per coloro — tra questi i 227 ex deportati che lo aiutarono con racconti, ricordi e lettere — senza i quali non sarebbe mai stata « scritta, rielaborata e conservata » questa straordinaria opera corale, questo « comune monumento eretto da amici in memoria di tutti i martoriati e uccisi ». Ultimo volume a cura di Sergio Rapetti (vol 3) ; Spedizione veloce con BRT. L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.