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Antropologia strutturale due. Levi-Strauss Claude. Saggiatore, 1978.

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Descrizione

Il Saggiatore (Bivlioteca di scienze dell’uomo 30.); 1978; Noisbn ; Copertina flessibile; 21 x 15,5 cm; pp. 444; Traduzione e introduzione di Sergio Moravia. Prima edizione. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni, piccole sbucciature), segni di lettura al dorso, interno senza scritte, volume lievemente brunito; Buono, (come da foto). ; Con Antropologia strutturale due ll Saggiatore prosegue la pubblicazione delle opere di Claiide Levi-Strauss cominciata nell’ormai lontano 1960 con Tristi tropici, quando né l’antropologia culturale né lo strutturalismo avevano conosciuto lo straordinario boom goduto negli anni successivi, e in misura crescente col passare del tempo. Il volume. se non è l’ultimo lavoro scritto dal grande antropologo è però la piú recente raccolta di testi da lui data alle stampe. La scelta del titolo, che ricollega ii libro alla celebre Antropologia strutturale (1958) sembra esprimere il rilievo teorico attribuito ai saggi che vi sono stati inclusi. Di particolare interesse sono le considerazioni, emergenti dai testi meno noti tra quelli raccolti nel volume, che l’Autore esprime sulla genesi, la natura, la situazione e i compiti delle scienze etno-antropologiche. La concezione dell’origine — e correlativamente dell’essenza dell’antropologia secondo Lévi-Strauss colpisce, in prima approssimazione, per la sua consapevolezza storica, e la sua « drammaticità » politica. A differenza della maggior parte delle discipline scientifiche (o che si pretendono tali) l’antropologia ha una genesi non specificamente culturale, e tutt’altro che « innocente ». Essa è « figlia di un’era di violenza ». La sua nascita è infatti legata funzionalmente a imprese di conquista geografico-militare e di assogcettamento etnoculturaie. Ma Lévi-Strauss non si arresta alla questione della genesi, della storia dell’antropologia, né è principalmente interessato a una polemica diretta su temi e ottiche fortemente ideologizzati, quali quelli del presunto primitivismo » delle società « altre » dall’Occidente moderno. Ciò che gli sta a cuore è un problema di statuto e di scienza: la considerazione che l’antropologia è una scienza impura; impura non solo per le condizioni di genesi e storia precedenti, ma per un vítium consustanziale all’antropologia stessa. L’antropologia non solo è (storicamente) cresciuta, ma sembra (logicamente) destinata a crescere, dal punto di vista conoscitivo, solo a patto che una parte dell’umanità, si arroghi il diritto di trattare l’altra come un oggetto: solo a patto che un Io (lo studioso) tratti un altro lo (« l’altro ») come una cosa. ; Spedizione veloce con BRT. L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.