‘A giarra. Pirandello Luigi. Saggiatore, 1963.

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Descrizione

Saggiatore (Biblioteca delle Silerchie XCIV); 1963; Noisbn ; Brossura; 18,5 x 12 cm; pp.116; A cura e con note di Giorgio Piccitto. Testo siciliano a fronte. Prima edizione nella collana. ; Presenta leggeri segni d’uso e del tempo (senza mancanze nè lacerazioni, piccole imperfezioni ai bordi), interno pulito e senza scritte, volume lievemente brunito; Buono, (come da foto). ; La novella usci sul “Corriere della sera” il 20 ottobre 1909. La prima riduzione scenica del racconto fu questa in siciliano, A quando risale? Si conosce soltanto la data della pri ma rappresentazione, 9 luglio 1917, al teatro Nazionale di Roma, protagonista Angelo Musco con Turi Pandolfini nella parte di Don Lollò. Ma questa storia rusticana doveva fare ancora altro cammino. Nell’esta te del 1924, a Monteluco, dove villeggiava, Pirandel lo ricevette la visita di Alfredo Casella che, accompagnato da Mario Labroca e dal danzatore svedese Jan Börlin, veniva a chiedergli di poter musicare l’azione della Giara per un balletto. Alla trasformazione mimica provvide lo scrittore stesso (il libretto fu poi pubblicato a Vienna nel 1928), introducendovi il personaggio di Nela, figlia di Lollò, e inserendovi una canzone popolare siciliana su una fanciulla rapita dai Turchi. La première ebbe luogo nel novembre di quell’anno al Théâtre des Champs-Elysées. Lo spettacolo, eseguito dalla Compagnia dei Balletti svedesi con scene di De Chirico, ebbe un esito assai favorevole. Proprio da questo successo, forse, Pirandello fu indotto a ritentare in italiano la prova teatrale. O forse tradusse ‘A giarra per completare il dodicesimo volume delle Maschere Nude, nella loro prima edizione fiorentina. Comunque, la commedia ricomparve a Roma, stavolta in lingua, la sera del 29 marzo 1925, con Luigi Almirante nei panni di Zì Dima e Poero Carnabuci in quelli di Lolò. Anche il cinema volle cimentarsi, nel 1953, con La Giara. Il testo siciliano, dopo la morte di Pandolfini che ne era stato l’ultimo interprete, si riteneva smarrito. Era invece rimasto tra le carte ereditate da Lietta, la figlia del Maestro, che lo conservava come un ricordo personale e ha consentito al « Saggiatore » di pubblicarlo qui per la prima volta. Viene dato con la traduzione italiana a fronte, come già l’autore aveva fatto per Liolà (Roma, 1917) ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.