Descrizione
Bompiani; 1987; Noisbn; Rilegato con sovracoperta; 22 x 14 cm; pp. 284; A cura di F. Saba Sardi. Prima edizione. fotografie b/n fuori testo.; minimi segni d’uso alla sovracopertina, interno ottimo; Buono (come da foto). ; Sono stato imperatore è l’amara, atroce confessione di un uomo, Aisin-Gioro Pu Yi, ultimo sovrano della Cina ed estremo erede della dinastia Ching. Era salito sul trono della Città Proibita nel 1908, all’età di soli due anni. Tre volte aveva perduto il trono, due volte vi era stato rimesso, sullo sfondo di un’epoca gravida di nuvole tempestose, quella dei signori della guerra e delle invasioni straniere. Nel 1934 i giapponesi, che avevano occupato gran parte della Cina, ne fecero il sovrano fantoccio dell’impero del Manchukuo. Catturato dai sovietici, venne deportato nell’URSS e nel 1949 consegnato alle autorità della Cina popolare. Chiuso in un carcere speciale insieme con altri collaborazionisti e con il suo maggiordomo, innocente ma fedele servitore anche in quella circostanza, fu sottoposto a un processo di “rieducazione” basato sul metodo dell’autocritica sistematica. Ne usci dopo dieci anni, e nel 1962 portò a compimento questa sua autobiografia, pubblicata lo stesso anno in cinese e nel 1964 in edizione inglese. È un documento straziante, senza equivalenti almeno nel panorama letterario moderno. Pu Yi, uomo debole e imperatore per burla, investito di poteri e di responsabilità che era incapace di reggere, dopo essersi prestato a coprire i massacri e le depredazioni dei giapponesi, si è prestato anche a “convertirsi”, ed è uscito dal carcere nel 1959, utile simulacro, dimostrazione vivente della “superiorità” e “bontà” del regime comunista. Sul trono della Cina sedeva adesso il nuovo “imperatore” Mao Tse-tung, e i rapporti con l’URSS potevano ancora sembrare idillici… ;