Descrizione
Bollati Boringhieri; 1983; Noisbn; Rilegato con sovracoperta; 22,5 x 15 cm; pp. 197; Traduzione di F. Cuniberto. ; leggeri segni d’uso ai bordi della sovracopertina, interno buono; Buono (come da foto). ; Chi ha inventato la mitologia? Quali sono le frontiere di un territorio in cui il piacere di raccontare delle storie sembra inseparabile dal desiderio di interpretarle? Perché la scienza dei miti trova difficoltà nel distinguere un racconto da un mito? Sono queste le domande fondamentali cui Marcel Detienne risponde in questo suo nuovo libro, un saggio brillante e di ampio respiro. Nulla in apparenza si direbbe più familiare e definito dei racconti favolosi cui la scuola ci ha abituati da sempre. Eppure se si studiano le riflessioni che l’età moderna conduce sul mito, ci si accorge che esso resta un oggetto misterioso, che ogni cultura sembra foggiare secondo criteri suoi propri, come per esorcizzare i suoi stessi fantasmi. Così, le cattedre di mitologia comparata che fioriscono nell’Europa vittoriana sembrano nascere da un clima di scandalo, di indignazione verso le oscenità dei “primitivi”, mentre gli illuministi leggono nelle “favole antiche” i primordi o le debolezze di una Ragione ancora immatura. L’idea di una sfera “mitologica” come universo organico di racconti che precederebbe il sorgere del logos e della filosofia è però estranea agli stessi greci. Una storia genealogica della parola “mito” dimostra che l’opposizione tra mythos e logos si svolge lentamente, e seguendo percorsi tortuosi: la Grecia resta una terra di frontiera, dove il “favoloso” sopravvive accanto alla ragione scientifica, la tradizione orale accanto ai primi passi della scrittura. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.