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C’era una volta gli americani. Gertrude Stein. Einaudi, 1979.

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Descrizione

Einaudi; 1979; Noisbn ; Rilegato con sovracoperta ; 22,5 x 14,5 cm; pp. 338; A cura di B. Lanati. Traduzione di B. Lanati, L. Sampietro. Prima edizione. ; leggeri segni d’uso alla sovracopertina, interno ottimo; Molto buono (come da foto). ; «Nella grande cucina della mia fantasia, nella quale vedo muoversi Gertrude Stein, è diffuso un aroma dolce e delicato. Pentole e tegami splendenti pendono dalle pareti; i vasi ricolmi di frutta, di marmellate, di conserve sono innumerevoli. Qualche evento misterioso si compie nell’immensa stanza, perché Gertrude Stein è un’artigiana della parola dalle dita forti e dal tocco amoroso come quello delle massaie che nella città della mia infanzia regnavano sulle cucine delle vecchie case di mattoni. È una donna americana di stampo antico che ama le cose fatte in casa e rifiuta i prodotti delle grandi industrie alimentari, e nella grande cucina è intenta a preparare, con i suoi ingredienti, qualcosa che sarà dolce alla lingua e fragrante all’olfatto». Cosi Sherwood Anderson raccontava la Stein di quegli anni, la grande signora virile e picassiana che viveva a Parigi parlando americano e proteggendo i giovani intellettuali fuggiaschi della «generazione perduta». Nel 1909, a Parigi, ha pubblicato Tre esistenze; ma fra il 1906 e il 1908 ha scritto The Making of Americans, che pubblicherà soltanto nel 1925. E’ un volume ambizioso di oltre mille pagine, un’impresa eccentrica, coraggiosa, difficile. Incontra resistenza e ostilità; soltanto la Stein difende il libro con protervia. «è l’inizio, veramente il principio di una nuova era nella letteratura moderna.» L’allieva preferita di William James, la sottile alchimista delle parole, l’eroina della scrittura «cubista», vi racconta nei minimi dettagli d’esistenza un’emblematica famiglia americana: «ma solo una parte di questi uomini e di queste donne e dei bambini che si portavano dentro e che avrebbero loro assicurato molte altre generazioni popoleranno la nostra storia, che è la storia di una famiglia e del suo cammino… Le vecchie generazioni in modo nuovo, le nuove generazioni nate dalle vecchie, questa è la storia che voglio raccontare, perché è vera e la conosco bene». Nasce qui, per la prima volta, e lievita lo stile inconfondibile della Stein, «lavorato» come una frase di Flaubert eppure cosí naturalmente trasandato, come un dialogo colto in cucina; una sorta di scrittura automatica, mesmerica, in cui le insistite ripetizioni e le minime, impercettibili variazioni di frasi infondono come un ritmo acquatico e sonnambolico alla scrittura, fotogrammi di parole avvicinate nella stoica illusione di ricreare l’immediatezza del reale, il «rumore» della storia e del quotidiano ; Spedizione veloce con BRT. L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.