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Aristofane. Introduzione alle Commedie. Johann Gustav Droysen. Sellerio, 1998.

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Descrizione

Sellerio (La diagonale 99.); 1998; 9788838914478 ; Copertina flessibile con risvolti ; 21 x 15 cm; pp. 251; A cura di Giovanni Bonacina ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni, imperfezioni e scoloriture), interno pulito e senza scritte; Buono, (come da foto). ; «La storia non deve stancarsi di ripetere che in essa vige un criterio di misura del tutto diverso dalla moralità e dalla virtù privata», scriveva Droysen (1808-1884) nel 1838. Incomincia così la sua riconsiderazione radicale del giudizio ostile dei contemporanei e dei posteri sull’ateniese Cleone, leader della democrazia ateniese dopo la scomparsa di Pericle. Già noto al grande pubblico per il suo straordinario Alessandro, Droysen ripensava l’Atene del tardo V secolo attraverso la più importante fonte contemporanea: le undici commedie di Aristofane, da lui amorevolmente tradotte. A ciascuna premise una mirabile introduzione: undici saggi storico-letterari, scritti dal più grande «ellenista» del primo Ottocento, che qui vengono raccolti e presentati nella loro prima stesura. Aristofane divide, come ogni grande fazioso. Non vuole piacere a tutti. Egli ebbe per anni, agli inizi della sua carriera, un gigantesco nemico, anche personalmente tale: Cleone; e lo ha odiato con tutte le sue forze. E se ne è vendicato, nella sua commedia più politica, i Cavalieri, che è alla base dell’immagine tradizionale del demagogo, durata secoli. Droysen non intende affatto rivalutare l’antica democrazia e il suo capo più esecrato. Ma, da grande storico, aborre i «libri neri». «Nessuno» scrive «si presterà a tessere le lodi del sanguinario Robespierre o del selvaggio Mario; ma nella loro opera essi hanno incarnato i sentimenti e hanno ricevuto l’approvazione di migliaia di uomini, dai quali li separava solo quell’infausta grandezza, o violenza di carattere, che è capace di non inorridire dinanzi all’azione». E soggiunge, tornando a Cleone, che ci sono momenti in cui quegli uomini sono necessari: «si tratta di offendere diritti, di abbattere antiche istituzioni venerabili; eppur si loda la mano audace e salda che ha aperto la via dell’età nuova e si dimentica la colpa, che è inseparabile dall’azione umana». Anche l’Alessandro aveva ribaltato un giudizio moralistico tradizionale sul grande macedone e sull’età cui quel terribile e meteorico sovrano aveva dato avvio. In questo senso l’Aristofane, di pochi anni successivo ma che ha finora goduto presso i lettori, a torto, di minor fortuna si muove nella stessa scìa. LUCIANO CANFORA; Spedizione veloce con BRT. L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.